Estetica:
*nasce nel
settecento (parola coniata da Alexander G. Baumgarten).
Istituisce, inquadra,
rende possibile e qualifica in maniera determinante l'esperienza
sociale dell'arte. Nasce quando oramai nella modernità si è
imposto il concetto di artista ed opera d'arte e come ad essi sia
legata una certa qualità estetica.
Nei tempi passati
(greci-romani) l'arte non aveva l'autonomia “moderna” dalla altre
discipline. Si è detto infatti anche che oggi l'arte abbia quasi
subito un'alienazione dal piano lavorativo-umano-sociale comune.
L'arte ha mutato la sua valenza sociale, e la sua utilità sociale.
I greci fanno esperienza
esperienza molto viva del potere che queste apparenze esercitano
sull'animo umano, ma al contempo non dispongono di alcun concetto
che le unifichi e le distingua dalle altre pratiche umane. Non
c'era distinzione tra arte e tecnica. Manca anche una nozione
unitaria delle belle arti.
Platone
critica la poesia come educazione, ma soprattutto critica
la poesia drammatica (tragica) perchè l'esercizio e la
fruizione di essa comportano un'esperienza di perdita di continuità
con loro stessi, un processo di disidentificazione.
– NICE !
* L'arte per Platone deve
servire per contribuire alla formazione dell'identità
individuale, a mantenere sano il corpo, la musica a
ristabilizzare e tranquillizzare le emozioni. Inzomma, deve essere
tutto usato in relazione al processo di identificazione.
Per Platone: bellezza
= splendore + simmetria e proporzione. (contemplare la
simmetria e la proporzione nelle cose abiliterebbe l'anima
all'equilibrio).
Aristotele
si oppone a Platone ed integra la sua nozione: l'arte (con la sua
apparenza artistica) non
allontana dal vero, né turba l'equilibrio dei rapporti tra
intelligenza e affetti dell'anima dello spettatore, e questo perchè
le opere d'arte sono strutturate, finalisticamente organizzate
dall'artista.
La tragedia per
Aristotele è utile perchè presenta una serie di elementi e fatti
orrendi, paurosi, fonte di instabilità emotiva che però sono
spiegati tramite una logica consequenziale, sono proposti in modo che
se ne comprenda la natura e la causa, insomme ne siano svelate le
forme paurose che in realtà sono “limpide e chiare”.
Questa è la catarsi per Aristotele: il pauroso,
l'indicibile l'indescrivibile appunto svelato, descritto, spiegato).
La tragedia così ci fa conoscere attraverso vicende tipiche, le
leggi di funzionamento del mondo umano.
Si ha una trasmissione
del Platonismo (soprattutto per i concettui di luminosità e
proporzione) al pensiero cristiano tramite Plotino
(filosofia neoplatonica). Accentua la nozione di bellezza
come
luminosità e splendore. Bellezza è la luminosità
dell'Essere, dell'Uno, di Dio, e il suo rivelarsi nel visibile.
L'arte, in quanto produce il bello divino, ha così una funzione di
rivelazione dell'essere, e rappresenta un momento del ritorno
dell'anima all'Uno. Produzione e contemplazione del bello sono modi
positivi di entrare in rapporto con Dio stesso. Plotino è cosi
una delle fonti principali del moderno concetto, romantico, dell'arte
come modo di entrare in sintonia con la profondità dell'essere
assoluto.
Nel medioevo tutta l'arte
diventa legata all'iconografia sara.
Tale medioevo
artistico contribuisce alla creazione di due concetti
determinanti per il concetto
di bello: la nozione di opera: influenzato dall'idea
cristiana che il mondo stesso è “opera di Dio”. La bellezza è
la qualità visibile dell'opera di Dio.
la nozione di
simbolo: il mondo, essendo opera di Dio, presneta tracce del
suo disegno, divenando pieno di significazione nascosta (aiuta anche
che Gesù è espressione corporale e terrena di Dio eterno).
Il pensiero cristiano non
concepisce più la natura come eterna ripetizione, bensì
introduce uno svolgimento storico lineare che vede un inizio e
una fine.
Nell'Umanesimo
(XV) si delinea la
*figura sociale
dell'artista e a partire dal quattrocento inizia a nascere la
specificità dell'esperienza
estetica come esperienza dell'”amatore d'arte. In questo
periodo si instaura un forte rapporto tra poesia e filologia
La poesia pone
l'importanza di una continuità con la tradizione.
La poesia acquisisce
uan funzione celebrativa (esaltazione dei Principi, dei Papi)
avviando la sua funzione di conservatore sociale,
diventando un connettivo sociale (punta alla
creazione e ad un mantenimento del consenso sociale e a livello di
diffusione di modelli culturali e linguistici comuni).
Si crea in questo periodo
il culto delle regole, della ricerca stilistica accompagnato però
anche ad un filone che riconosce un lato irrazionale
dell'ispirazione( il cosiddetto “furor poeticus”).
Essendo comunque dottrina neo-platonica, anche il furor poeticus
non è altro che un modo intuitivo di innalzarsi alla contemplazione
dell'ordine universale.
*e il rapporto con
la scienza. Carattere scientifico nell'architettura, poi Leon
Battista Alberti rivendica uno statuto scientifico per pittura,
architettura e scultura. Ricerche sulla prospettiva, anatomiche
(Leonardo e Michelangelo). L'arte si muove davvero accanto alla
scienza.
Nel settecendo si
concluderà un processo di unificazione delle Belle Arti in un unico
principio, arrivando a Hegel con il sistema delle arti in Lezioni di
Estetica.
Gia dalla metà del
cinquecento (con Vasari) si testimonia un graduale
allontanamento tra Arte e
scienza (almeno una distinzione); l'arte usa anche la
finzione, la scienza usa la misura calcolata realisticamente (as
esempio nel barocco le proporzioni non sono scientifiche!),.
Seicento-settecento (con
barocco, manierismo) si crea la rottura tra arte e scienza.
Francesco Bacone separa così nettamente la poesia dalla
storia e dalla scienza. Si fa largo sempre più l'idea che l'arte
punti sulla “meraviglia”, sul “fantastico” (basti vedere
tutto il barocco).
Le basi per l'estetica
moderna nella disciplina filosofica sono Vico
e Kant. Essi prendono in esame il rapporto
arte-storia e definiscono le peculiarità dell'esperienza estetica.
Vico
riconosce il valore dell'arte andando al di là della
“verosimiglianza” aristotelica. La poesia dispone di
una verità sua porpria che corrisponde a un certo grando di sviluppo
dello spirito umano. Leggere poesia è incentrare la coscienza di
sé di una certa umanità storica che in essa si tramanda.
Il problema
dell'invenzione della poesia è trattato nel terzo libro della
"Scienza nuova", La discoverta del vero Omero. L'epos
omerico non è prodotto di un'individualità, ma di una temperie
storica e storicamente riconosciuta. Con l'idea che la poesia sia il
fondamento archeologico della cultura e conoscenza umane, l'Estetica
di Vico si contrappone alla concezione arcadica, cioè ad un'arte
ornamentale, di pura evasione. In realtà, la sapienza poetica
assicura un tipo di sapere formativo e veritativo, come tale molto
più corpulento rispetto al sapere scientifico, modello di cultura
astratta, incapace di rispondere alla sensibilità umana, oltre che
riconoscere la storia come storicità, cioè comprensione della
continuità temporale nella differenza dei corsi e dei ricorsi, delle
prospettive di vita e dei periodici ritorni.
La rivalutazione del Dire poetico anticipa sia il Romanticismo filosofico e letterario che l'ermeneutica di Martin Heidegger, dominata dall'idea di una istanza veritativa della poesia superiore alle altre, centrale in Sentieri interrotti. Diversamente da ogni cognizione estetica settecentesca e neoclassica, in cui la poesia (e l'arte in genere) era percepita come un'attività intuitiva, a-razionale, diretta alla fruizione del Bello e così sganciata in qualche modo dal comprendere, per Vico la poesia è la forma più autentica del comprendere, la più pura, perché correlata al momento aurorale della formazione delle civiltà. La è un sapere originario, immerso nella dimensione storica e in quella linguistica, un sapere che è metodologico e persino tecnico (non si ha poesia senza poetica, né poetica senza retorica), ma i cui contenuti rappresentano, costituiscono, sono garanzia veritativa (la verità è tale in quanto linguisticità, come vale l'inverso).
La rivalutazione del Dire poetico anticipa sia il Romanticismo filosofico e letterario che l'ermeneutica di Martin Heidegger, dominata dall'idea di una istanza veritativa della poesia superiore alle altre, centrale in Sentieri interrotti. Diversamente da ogni cognizione estetica settecentesca e neoclassica, in cui la poesia (e l'arte in genere) era percepita come un'attività intuitiva, a-razionale, diretta alla fruizione del Bello e così sganciata in qualche modo dal comprendere, per Vico la poesia è la forma più autentica del comprendere, la più pura, perché correlata al momento aurorale della formazione delle civiltà. La è un sapere originario, immerso nella dimensione storica e in quella linguistica, un sapere che è metodologico e persino tecnico (non si ha poesia senza poetica, né poetica senza retorica), ma i cui contenuti rappresentano, costituiscono, sono garanzia veritativa (la verità è tale in quanto linguisticità, come vale l'inverso).
Kant :
l'essenziale dell'estetica Kantiana è nell'aver individuato il luogo
trascendentale dell'esperienza estetica nel sentimento;
pur essendo fondato in un'esperienza sentimentale del soggetto, il
giudizio di gusto tende legittimamente a una sua peculiare
universalità. Si appella così ad un comune funzionamento
della facolta conoscitiva e percettiva. Nel provare piacere per il
bello, ciò di cui il soggetto gode anzitutto non è la forma
dell'oggetto, ma la propria appartenenza
all'umanità; l'apprezzamento per l'oggetto
è inscindibile dal piacere che il soggetto porva a sentirsi uno di
coloro che apprezzano l'oggetto. Così si verifica una situazione in
cui il soggetto empirico si sente come soggetto
trascendentale, capace di giudizi di validità universale.
Così quando ritengo bello un oggetto implico sempre la richiesta del
consenso di tutti, proprio sulla base del fatto che in tutti c'è un
senso comune, che è lo stesso funzionamento della facoltà
conoscitiva. La caratteristica del giudizio di gusto però è
quelle che la sua universalità è sempre in via di farsi. E' qui che
Kant raggiunge il rapporto tra arte e storia: il senso comune è dato
e insieme è sempre in via di farsi.
Hegel: idealismo.
L'arte è forma dello spirito assoluto, ovvero
conciliazione tra particolare e concetto universale
realizzata a livello oggettivo (non soggettivo!), come fatto che
qualifica l'essere nella sua temporalità, nella storia. E'
espressione storica dell'essere universale. Il bello è
così concepito come realizzazione effettiva della libertà dello
spirito. <<L'arte si trova sullo stesso piano della
religione e della filosofia. I tre regni dello spirito assoluto si
differenziano solo per le forme in cui essi portano a coscienza il
loro oggetto, ovvero l'assoluto>>
Schopenhauer
(critica Hegel): l'arte assume paradossalmente un
significato estremamente intellettualistico, è
la rivincita dell'intelligenza sul tendere incessante della volontà.
L'uomo così si sottrae al “volere” e lo mette in scacco:
l'arte è il luogo di questa contemplazione disinteressata delle
idee; ed è assoluta in quanto libera l'uomo liberando la
cosa-idea contemplata dalla concatenazione spazio-temporale e causale
a cui appartiene nel mondo fenomenico. L'arte si sotta così al
divenire e alla storia. Con Shopenhauer comincia infatti
nell'ottocento il filone che si può a ragione chiamare “del
pensiero negativo”: si concepisce la razionalità realizzata
come un meccanismo di tipo sostanzialmente totalitario a cui bisogna
invece sottrarsi.
In Sh. Si ha
l'mpossibilità del soggetto di raggiungere la “cosa in sè”.
Shopenhauer
concepiscono l'uomo come ancora capace di accedere all'assoluto e
vedono l'arte come una delle vie.
Da Schopenhauer inizia un
atteggiamento di rifiuto ancor più radicale: quello di Kierkegard
e Nietzsche (esponenti della crisi di coscienza
borghese-cristiana).
Nice
presenta l'impossibilità di raggiungere la conoscenza della cosa in
sé. Un modo per percepire l'assoluto per Nice diventa
ad esempio lo stato dionisiaco (una strana forma di raggiungimento
dell'autenticità caotica e mobile). Successivamente la nozione di
dionisiaco diventa sinonimo di volontà di potenza. L'arte e
l'esperienza estetica si presentano sempre più nettamente come vie
di accesso a una condizione di smascheramento sempre rinnovato, che è
la negazione dell'idea stessa di un rapporto positivo o negativo con
l'assoluto.
Kirkegard:
l'esperienza estetica è uno stadio dell'esistenza, al
pari dello stadio etico e dello stadio religioso –
è caratterizzata da tutti quegli aspetti di provvisorietà,
inautenticità, mistificazione. Kirkegard critica Hegel affermando
che la condizione di esistenza è sempre del “singolo” e non può
essere ricondotta ad alcuna unità sistemica sovraindividuale.
Successivamente
l'estetica tende a costituirsi come scienza (Taine.
Andando a vertere sui dati di fatto, l'estetica usa le “opere
d'arte”, nel quadro di una pratica sociale di cui l'estetica
scientifica si propone solo di descrivere le leggi e le costanti,
senza discuterne la legittimità o la possibile trasformazione.
Spiegare il mondo dell'arte individuando le leggi che lo regolano.
Si rivela così una scienza descrittiva: presentare le
personalità artistiche, gli stili, le scuole, in relazione
all'ambiente storico-culturale in cui maturano.
Da una parte, con
Fechner
nasce l'estetica nella pratica psicologica (PSICOLOGIA DELL'ARTE),
nella quale si cercano di formulare in termini di spicologia
scientifica certe leggi sui meccanismi di piacere e dispiacere e di
rapporto con l'assoluto (connessione unitaria del molteplice).
Esponenti di questa corrente sono Lipps
(introduce l'idea di esperienza estetica ricondotta ad una
esperienza vitalista del soggetto, il quale esperisce con piacere la
propria attività vitale) e Freud.
Approccio linguistico
dell'arte: l'arte è intesa come linguaggio particolare. Si cerca
di delineare le caratteristiche e le pecularietà di tale linguaggio.
Il linguaggio della conoscenza è quello simbolico, quello
dell'arte è quello emotivo. Charles
Morris (1900-1970)
afferma che l'arte è il linguaggio per la comunicazione dei
valori. Ma per lui la comunicazione avviene tramite segni (iconi)
che non rinviano a un significato, bensì lo incorporano in
maniera intuitiva.
Filone di estetica più
tipicamente metafisica (Croce, Lukas, Dewey). Questi
autori sono accumunati dal loro inserire la riflessione dell'arte in
una prospettiva sistematica. Permane la nozione (metafisica) di
totalità nelle loro teorie.
In Croce
l'arte è primo momento teoretico dello spirito, quello
della conoscenza intuitiva e conoscenza dell'individuale (sintesi).
L'arte concepita come intuizione-espressione
In Dewey
: una prospettiva naturalista. La categoria di totalità
dell'esperienza è pensata essenzialmente in riferimento ad un
modello biologistico ed evoluzionistico, che vede la vita dell'uomo
come un continuo processo di integrazione con l'ambiente; sul
piano spirituale, questa integrazione si attua cone soluzione di
problemi, cioè con la trasformazione di situazioni caotiche –
minacciose – in situazioni definite. E' così che mette in
discussione la separazione tra arti belle e arti utili, perchè
difatti l'arte diventa finalisticamente rivolta ad un utile umano.
Lukas
manifesta il suo gusto
storicistico per il quale la collocazione puntuale di ogni opera è
da vedersi nella complessità del suo ambiente storico-sociale.
Sul piano filosofico la
voce più autorevole della rivendicazione della serietà
esistenziale e storica dell'arte è quella di Heidegger.
Lui propone una concezione inaugurale dell'arte e della poesia,
intesa come luogo dove accade originariamente la verità (l'opera
d'arte è definita come messa in opera della verità). Tale
accadere della verità è da intendersi come istituirsi storicamente
mobile degli
orizzonti, delle aperture, delle illuminazioni entro cui l'esperienza
di un mondo nuovo diventa possibile. In questa ottica il
linguaggio (con le sue mutazioni di potenzialità e limitatezza)
nasce e diviene storicamente. Ora, il luogo del suo nascere e delle
sue svolte decisive è appunto la poesia.
Infine Adorno
vede l'esperienza estetica come una sorta di ultima spiaggia della
soggettività dell'uomo moderno, minacciata dall'organizzazione
totale e totalitaria della società massificata. Adorno vede l'arte
come una finalità senza scopo, in cui l'opera si sottrae alla
funzionalità universale del mondo amministrato: l'opera si presenta
come un <<contro-movimento>>. Adorno infine
in Teoria estetica assegna all'arte la peculiare proprietà di
conservare un luogo in cui nella nostra società continua a vivere un
ricordo di un possibile futuro alternativo di quel mondo che ha
prodotto Auschwitz.
Benjamin
invece
vede nella possibilità produttiva dell'arte come uno strumento di
rinnovamento politico e sociale, che non debba più sfociare in
feticismo, ma al contrario possa avvalersi di un'esperienza
estetica più autentica e costruttiva. Si possono preparare le
basi di una nuova vita socio-culturale dell'arte in cui l'esperienza
estetica non comporti più un fatto d'elite, non più la rigida
divisione tra produttori e consumatori d'arte.
Tutte queste
considerazioni sono da relazionarsi con l' Avanguardia artistica
(1900 in poi),
che pone alle basi dell'espierienza estetica lo shock.
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