mercoledì 23 dicembre 2015

Introduzione a Nietzsche – Gianni Vattimo in sintesi

Martin Heidegger : Leggere Nietzsche mettendolo in relazione con Aristotele, cioè guardando a lui come un pensatore metafisico (tratta quella questione dell'essere).

Le prime interpretazioni lo videro però soprattutto autore di tipo “letterario” o attinente al criticismo culturale. Difatti Dilthey lo colloca accanto a Tolstoj, Ruskin ecc, cioè accanto al filone dei filosofi-scrittori che si muovono in un orizzonte aperto da Shopenhauer. In questi, al posto della dimostrazione chiara e lineare, subentra la persuasione, un gioco retorico artistico, la loro spiegazione della vita non è “metodica”, bensì espressiva e suggestiva.

Quindi Heidegger vede l'aspetto prettamente filosofico di Nietsche, mentre Dilthey insinua lo stretto legame tra il pensiero della fine della metafisica con la poesia e la letteratura (un dialogo tra pensare e poetare).

In Nice la filosofia perviene a esiti prettamente ontologici (circa l'essere) attraverso un itinerario che passa dalla critica culturale, la filologia, la riflessione di tipo moralistico, l'analisi dei pregiudizi, l'autosservazione psicologica. Si vedra quindi in lui un legame stretto con quella che è “ontologia ermeneutica”, ovvero critica della cultura/filosofia di vita e problematica riguardo all'essere e alla verità.

Prima fase: troviamo il rapporto tra filosofia e filologia. In questo primo periodo (venerazione per Shopenhauer e Wagner), pur non essendosi formato un vero pensiero filosofico, troviamo il tema centrale del dualismo apollineo-dionisiaco. Nice vede comunque il proprio lavoro di filologo in un senso che non è quello della filologia accademica, e che lo avvicina invece alla filosofia (ha l'idea anche di dedicarsi alle scienze e alla teologia). Per lui nella filologia accademica lo studio è diventato di tipo puramente antiquario, che comporta un distacco intollerabile tra studioso ed oggetto del proprio studio. La filologia non è inoltre capace di guardare all'antico come un modello da imitare (continuità), bensì come un repertorio di oggetti di studio. Non si riesce quindi a penetrare il vero mondo classico, a farlo rivivere, a farlo passare ai nuovi tempi.
Per Nice così con i metodi accademici della filosofia è impossibile ricostruire la classicità, nel senso di farla rivivere.

La nascita della tragedia si presenta come un'incredibile mescolanza di filologia e filosofia. Questo lavoro è sia un recupero e una reinterpretazione della Grecità, sia una critica alla cultura del mondo contemporaneo e un programma di rinnovamento di questo.
L'immagine della Grecità che è vissuta nella tradizione europea è dominata dall'idea di armonia, bellezza, equilibrio e misura. Nice dimostra come gli opposti a tali topoi classici risultino latrettanto classici.
Gli dèi olimpici sono i mezzi apollinei con cui essi sopportano l'esistenza, creati per nascondere l'esperienza del caos e del divenire. Lo spirito dionisiaco è quello che porta l'essere a sottrarsi al principium individuationis

Per Arthur Schopenhauer il concetto di principium individuationis è strettamente connesso a quello di principio di ragione. Per Schopenhauer la Volontà di vivere ("Wille zum leben") che finisce per auto-limitarsi nella concatenazione di spazio, tempo e causalità, è da principio infinita e libera. Fattasi oggetto, la Volontà perde la propria infinità ed è a quel punto che sorgono gli individui, apparentemente differenziati e irrimediabilmente separati l'uno dall'altro. Il principium individuationis è per Schopenhauer "la forma del fenomeno", cioè come esso appare in esteriorità. Il principium indiviuationis può allora essere definito come l'illusione del numero e della differenziazione, aspetto del Velo di Maya. E questa differenziazione, pur se solo illusoria, porta i fenomeni a scontrarsi l'uno con l'altro, poiché non comprendono di essere, in fondo, la medesima volontà oggettivata.

Quando Nietzsche, nella Nascita della tragedia del 1872 scrive che lo spirito dionisiaco annulla il principio di individuazione, annulla cioè le categorie civili, statali, morali, intende allora riferire come nell'ebbrezza del Satiro, che è la verità, l'uomo colga l'orrore, l'atrocità, della propria esistenza. Il principio di individuazione, riflesso dell'istinto apollineo, tuttavia è necessario - al fine che l'uomo non si autodistrugga nel proprio lacerante grido (Iakchos) di dolore. Ma, perché è l'ebbrezza ad esser considerata come verità, e non invece la ragione, il principio di individuazione? Nietzsche è chiaro: "la musica precede l'idea", così Dioniso precede Apollo. Qui, compaiono già le linee che portano a comprendere il complesso discorso nietzschiano: la musica, infatti, precede l'idea a causa della propria immediatezza. Ciò ch'è immediato è senz'altro vero, perché è conosciuto senza i filtri della ragione

Rapporto tra Apollio e Dionisiaco. Nell'arte prima si ha una percezione pura, ovvero dionisiaca, che poi essa prende forma tramite le forme d'arte e quindi i canoni e i metodi razionali. Tale razionalità rende così la possibilità al sentimento di esprimersi tramite una forma visibile.
Nice legge le varie fasi dell'arte greca secondo la lotta tra Apollineo e Dionisiaco. In più si ha una classificazione delle arti: la Musica è più Dionisiaca, la scultura e la pittura più Apollinee. La Tragedia Attica si presenta come perfetta sintesi.
Particolarmente innovativa nell'opera è l'interpretazione della dualità tra attore tragico e coro dei suoi Satiri (coro che rappresenta la rinuncia dell'individuo che si immerge nel collettivo);
Nietzsche accetta la tradizionale attribuzione della nascita della tragedia al coro tragico, dei satiri seguaci di Dioniso. Attraverso il simbolismo della parola, della danza e soprattutto della musica (a cui è attribuito il medesimo valore teoretico che Schopenhauer le attribuisce) il coro dei satiri evoca la visione del dio Dioniso, eccitando gli animi del pubblico che è così portato a trasferire la visione del Dio nell'attore mascherato. In questo modo il dionisiaco (la musica) si "scarica" attraverso immagini apollinee (l'eroe tragico). La vicenda rappresentata rischierebbe quantomeno di creare sgomento nel pubblico che vede alla fine l'annientamento dell'individuo, se solo l'illusione apollinea non si presentasse come tale e grazie all'insegnamento immediato e intuitivo della musica non comprendessimo l'intima sudditanza dello spirito apollineo nei confronti di quello dionisiaco. È a questo punto che giunge attesa e necessaria quella che Nietzsche definisce la "consolazione metafisica", la catarsi. Attraverso la musica e il coro dei satiri diventiamo consapevoli dell'unità, indistruttibilità, potenza e gioia della vita nella sua essenza al di là di ogni trasformazione, dell'incessante divenire delle cose, e del perire e consumarsi dell'eroe tragico e della vita individuale: al di là del principium individuationis.

<<con occhio acuto lo spettatore vede il terribile spirito di annientamento della storia universale e la crudeltà della natura ed è messo sul punto di desiderare un annientamento buddista della volontà. Lo salva l'arte, e per mezzo dell'arte la vita salva lui. L'arte viene per salvare e guarire, essa ha il potere di trasformare il ribrezzo in rappresentazioni volta alla vita secondo un addomesticamento artistico del terribile>>.

Se l'equilibrio tra Apollineo e Dionisiaco diede origine alla tragedia attica e la portò al suo massimo nella tragedia sofoclea, il progressivo perdere terreno del dionisiaco e l'emergere di una nuova forza – il “socratico” – la condusse alla decadenza. Una forza che, con il suo impeto razionalistico, si sostituiva al dionisiaco nel ruolo di “giustificare il mondo” all'uomo greco. L'ottimismo socratico della possibilità della conoscenza e della possibilità di arrivare a comprendere l'interezza dell'universo con la ragione si sostituì all'accettazione dell'incomprensibilità e dell'irrazionalità dell'esistenza umana che erano rappresentate dal Dionisiaco.
Nell'introdurre la figura di Socrate nel discorso e collegandola a quella di Euripide – simbolo della tragedia decadente – il parallelo tra società greca e tragedia attica viene esplicitato, andando a dimostrare come lo spirito razionalistico socratico – e con esso la nascita dell'uomo teoretico – abbia minato l'equilibrio tra forze Apollinee e Dionisiache nella società greca – una degenerazione che si è espressa anche nella trasformazione della tragedia dionisiaca nella tragedia euripidea.

Su verità e menzogna - 1873 : ogni linguaggio è in origine una metafora, ovvero indicazione di cose mediante suoni che non hanno a che fare nulla con le cose stesse. La società sorge quando un sistema metaforico si impone sopra gli altri (il modo socialmente accettato di indicare el cose, ovvero di mentire).

Considerazioni inattuattuali - 1874
1) David Strauss: il saggio del 1873 in oggetto (David Strauss: der Bekenner und der Schriftsteller) attacca lo scritto di David Strauss La vecchia e la nuova fede: una confessione (1871) che Nietzsche adduce ad esempio del pensiero tedesco dell'epoca. Raffigura la "nuova fede" di Strauss — meccanismo universale scientificamente determinato basato sul progresso della storia — come una lettura volgare della storia al servizio di una cultura degenerata, attaccando polemicamente non solo il libro, ma anche Strauss come un "filisteo"] di pseudo-cultura.
Nice critica il concetto di storicismo positivo (anche di stampo Hegeliano)
Pone l'importanza dell'aspetto critico della filosofia e della cultura.
2) Sull'utilità ed il danno della storia: In questo saggio, Nietzsche attacca sia lo storicismo dell'uomo (l'idea che l'uomo sia creato attraverso la storia - la natura storica e progressiva della manifestazione della verità, frutto di una lenta maturazione che procede secondo una precisa logica di sviluppo)
3) Shopenhauer come educatore: lo elogia come pensatore
4) Richard Wagner: critica il musicista. Porterà alla rottura tra i due.

Quali sono alcuni contenuti interessanti delle Considerazioni Inattuali?
Quando la consapevolezza della storia (che tutto passa e decade) domina un individuo le forze creative vengono meno. Nice chiama questa “malattia storica”.
L'importanza della storia è riconosciuta solo in relazione a tre principi: essa occorre in quanto l'uomo è attivo e ha aspirazioni, in quando preserva e venera, in quanto soffre e ha bisogno di aspirazioni. L'unico modo per guarire dalla “malattia storica” è il ricorso alle potenze sovrastoriche, quali religione, arte e filosofia.

La zivilization di Nice è intesa come attitudine alla critica sociale e al decostruzionismo rivolto sempre all'innovazione ed al rinnovamento. Una visione che non rinneghi ne il passato ma neache il futuro. L'importanza della filosofia sta così nella sua natura “non storica”. Essa non si basa solo su nozioni particolari, bensì mira ad una teoria del tutto, una saggezza che guarda tutta l'esistenza.
Il pensiero elaborato da Nice in realtà è impregnato del rapporto tra “critica della civiltà” e filosofia.

Periodo successivo: Nice vede l'impossibilità di restaurare una verità tragica tramite l'arte. In Umano troppo umano - pubblicato in due parti tra il 1878 e il 1879 - tale impossibilità sarà riconosciuta in una inattualità storico-psicologica dell'arte per l'uomo moderno, per il quale l'espressione dello spirito dionisiaco trova maggiore espressione nella scienza.

Umano, troppo umano sancisce il passaggio alla nuova fase di pensiero di Nice e la definitiva rottura con Wagner. In questo lavoro oramai l'arte ha il difetto di rappresentare una fase “superata” dell'educazione dell'umanità, pensata come un processo di illuminazione in cui il ruolo dominante appartiene oramai alla scienza. Il potenziale dell'arte risulta soltanto quello di far ridiventare bambina l'umanità; questa è la sua gloria ed il suo limite. L'arte risulta importante solo se posta nei confronti dei mutamenti sociali. Ma oramai l'arte ha perso la sua potenza influenzante. Oramai il cambiamento è dato dalla scienza. L'arte oramai sa di passato, di antico.

L'arte per agire sugli animi odierni ha bisogno di un mondo che non è più il nostro, se vuole mantenersi deve ricreare artificialmente oggi le condizioni che la rendevano attuale in altre epoche. Tali condizioni sono caratterizzate da violenza delle emozioni, irruenza e irragionevolezza inflantile.

Nice non attribuisce alla scienza l'abilità di fornirci la pura realtà delle cose, una conoscenza oggettiva. Ciò che noi ora chiamiamo il mondo è il risultato di una quantità di errori e di fantasie che sono sorti a poco a poco. La scienza è vista come positiva solo per gli atteggiamenti spirituali che essa comporta. La scienza oramai è colei che depura la società dai vecchi pregiudizi (cielo, inferno, salvezza eterna), essa sposta l'attenzione, e non è più una conoscenza in cerca di salvezza. Accetta il mutamento. Vede nella scienza un'attitudine più libera di pensare, che chiamerà anche “spirito libero”.

La scienza – come faceva in forma più primitiva l'arte – non può liberarci dal mondo della rappresentazione, ma può solo <<sollevarci per qualche momento al di sopra del processo>> facendoci scopripre che la cosa in sé è forse <<degna di un'omerica risata>>. La scienza risulta così un ulteriore sviluppo dell'uomo artistico.

Dobbiamo scoprire l'eroe e anche il giullare che si cela nella nostra passione della conoscenza. L'arte diventa la forza capace di rendere sopportabile l'esistenza. La scienza in modo analogo ci innalza a questa ebrezza vitale che ci distoglie dalla mera realtà. Ma se quest'ultima ci aiuta nella conoscenza metodica che dunque è anche consapevolezza di errore, l'arte ci aiuta come giullare e eroe, aiutando la scienza a sopportare la consapevolezza dell'errore necessario. <<con illusioni e passioni bisogna riscaldare, con l'aiuto della scienza bisogna invece prevenire le cattive e pericolose conseguenze di un surriscaldamento>>. L'una come fonte di forza, l'altra come regolatore.

Sempre in Umano, troppo umano Nice critica quei valori presi come trascendenti (ed opposti), i quali invece hanno la loro origine nella vita stessa, tanto che spesso l'uno è prodotto dal suo opposto. Quello che chiamiamo valore altro non è che la sublimazione di fattori umani. I valori – bene, male – sono da ricondursi ad una menzogna, menzogna che però può essere professata anche in buona fede. Tali errori sono anche quelli che però hanno dato ricchezza e profondità al mondo e all'esistenza umana.
[[[non esistono azioni morali [[[le azioni morali sono in realtà qualcos'altro – di più non possiamo dire! - 49 [[[,l'azione non si può valutare moralmente perchè non si può conoscere. Da ciò segue la negazione della volontà di volere. Tale volontà non si può dimostrare [[[non conoscendo la propria azione completamente, colui che agisce non è nemmeno libero pienamente nella sua azione [[[ nelle azioni di un uomo giacciono fattori e cause che sfuggono al suo controllo e al suo sapere.
L'azione è mediata dalla volontà dell'uomo di conservarsi e di avere piacere. Anche questi “moventi” dell'azione mantengono però quella parte indeterminante ed inconoscibile. C'è un piccolo problema di coerenza nella visione di Nice – ma non bisogna esagerarne la portata.
Dalla volontà di conservazione e di ricerca di piacere deriva l'esigenza di una scienza che ricostruisca i mutamenti storici della morale in relazione a tali principi, Come si può arrivare ad uccidersi ? E a morire per salvare un altro? <<La madre da al figlio ciò che toglie a se stessa. L'uomo ama qualcosa di sé, un pensiero, un'aspirazione, una creatura, più di qualche altra cosa di sé, che egli cioè scinde il suo essere e ne sacrifica una parte all'altra?>> potremmo vederci una tendenza sado-masochista della morale. Le norme morali si sono sviluppate per un'antica utilità che poi è andata perduta trasformandosi in un idolo fantoccio.
La religione ricerca una stabilità superiore all'uomo, alla quale l'uomo possa sottomettersi e farsi trasportare con occhio sicuro. Ma è la stessa religione – soprattutto quella che riporta il “peccato” - che ha condotto a lotte mostrose all'interno degli individui. Spesso così gli uomini fanno poco in nome del loro vero “ego”, al contrario si sottomettano al fantasma dell'ego che si è insinuato in loro tramite tutte le stratificazioni culturali-morali assorbite dal contesto sociale.
L'analisi “chimica” che fa Nice della cultura, della religione, della metafisica non conduce a elementi primi, anzi, tali elementi si rivelano sempre già composti; ma il risultato del metodo è la comprensione dei processi di composizione, le trasformazioni che compongono la vita spirituale dell'umanità. Un ulteriore processo – che Nice vede come futuro – è l'autosoppressione della morale per moralità. Questa coincide con la “Morte di Dio” nella Gaia Scienza e in Zaratustra. Bisogna però sottolineare come Dio non venga negato (l'errore, la menzogna, come ogni cosa.. ha un'utilità storica..una veridicità storica).

L'appropriazione e la coscienza della storia passata , che è sempre storia di “errori”. La liberazione non consiste in una confutazione di questi errori passati. Non equivale certo a una giustificazione degli errori passati, ma nemmeno a una confutazione. L'abbandono delle superstizioni e degli errori è solo una prima tappa.

La morte di Dio non è un'annunciazione metafisica della non esistenza di Dio. E' un “evento” che pone nuovi accadimenti e nuove metamorfosi; è difatti nominabile la filosofia di Nice come uno sperimentalismo filosofico (che cosa accadra?).

Zarathustra è un poema in prosa con modello il Nuovo Testamento. L'idea di eterno ritorno e la forma profetica sono legate al modo in cui tale idea si è formata nella testa di Nice: l'idea di una nuova dottrina dell'oltreuomo che porti ad una trasformazione radicale dell'umanità. Si crea in Nice l'ossessione di una efficacia storica del suo pensiero. Il filosofo diventa un inventore di nuovi valori che intendono fondare nuova storia: <<non basta fondare una dottrina, bisogna trasformare anche profondamente gli uomini in modo che questi la ricevano>>.

L'esigenza di un'efficacia storica ci ha fatto ipotizzare addirittura che molti degli slogan di Nice non siano altro che fantocci da propaganda, vesti semplicistiche da propaganda. La volontà di potenza potrebbe essere così per Nice nient'altro che una “formula magica”, una espresione essoterica, divulgativa, popolare del suo pensiero, alla quale corrisponderebbe proprio il contrario esoterico, ovvero la consapevolezza che <<non c'è affatto una volontà>>. Basti il frammento: <<Essoterico-esoterico. 1. Tutto è volontà contro volontà. 2. Non c'è affatto una volontà. 1. Causalismo. 2. Non c'è qualcosa come causa-effetto>>. Uno dei tratti dominanti delle opere dell'ultimo periodo è quindi l'interesse storico-politico.

Questo periodo è basato su due concetti chiave: la “decisione” (di formare l'oltreuomo) e la radicale critica e dissoluzione del soggetto (attraverso l'eterno ritorno). Risulta però difficile trovare accordo tra questi due concetti fortemente contrastanti; come fondare una nuova umanità attraverso le fondamenta della dottrina dell'eterno ritorno?!!?. Forse il modo è un cambiamento nel vivere il tempo.

Le contraddizioni (tra volontà di potenza e di nuova umanità ed idea di eterno ritorno legata al tempo ciclico) e tensioni del suo pensiero si condensano nell'immagine del <<meriggio>> - in contrasto con la “filosofia del mattino” del periodo precedente; questo altro non è che un momento di passaggio, la quiete che precede il cambiamento, quella che prova anche Zatatutra (starsene immobile, godere della bellezza meridiana, il senso di riposo, malinconia e pienezza). Ma quest'ultimo vuole “cantare e ballare”, difatti si dice <<alzati in piedi dormiglione!>>

Nell'eterno ritorno solo un essere pienamente felice potrebbe godere di tale concetto e di tale vincolo circolare. Vi è da dire però che solo una concezione circolare può allo stesso tempo salvare l'individuo dalla concezione edipica del tempo (ogni attimo mangia l'altro). Ma se Nice era riuscito a minare la distinzione tra verità ed apparenza ditruggendo i vincoli/errori morali e le loro metafisiche – dando libertà all'individuo – perchè, alla fine, pone lui stesso una “metafisica basata sull'eterno ritorno”? C'è chi ha spiegato tale fatto vedendo una volonta di Nice – anche grazie alla sua formazione filologica – di ricondurre il pensiero/metafisica ad una visione pre-socratica e pre-cristinana (dove domina la linearità del tempo e l'irripetibilità di ogni atto -creazione, peccato, redenzione, apocalisse).
Anche Nice considera l'idea di eterno ritorno come una possibilità o una probabilità (o ancora meglio una delle tante possibilità interpretative); ma il suo pensiero mira più che a definire a dare una base di mutamento, qualcosa che possa trasformarci, darci nuove possibilità determinanti che erano state escluse solo perchè amorali o assurde. Tale teoria assume perlopiù un significato etico. Nello stesso capitolo di Zatatustra “La visione e l'enigma” Nice mette le mani avanti circa la semplicistica idea di eterno ritono. Tutte le cose diritte mentono, borbottò sprezzante il nano. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso un circolo. Tu spirito di gravità! Dissi io incollerito, non prendere la cosa troppo alla leggera!. Non è forse errato vedere quindi in tale “espressione” una visiono essoterica di un'esigenza molto più profonda. Non a caso il capitolo finisce con l'immagine di un “pastore trasformato”, che sputa la testa di un serprente (come soffocato dal concettto di eterno ritorno, come qualcuno che lottando si libera e rinnova... e che soprattutto “ride, mai come un uomo come lui rise”, forse anche scoprendo il gioco di Nice nel creare una metafisica essoterica che abbia comunque un ruolo trasformatore e positivo). Sembra oltretutto presentare con la storia una “decisione” del pastore (come del saggio) che deve arrivare a “mordere la testa al serpente”, forse a riuscire a proporre una metafisica mantenendo l'intima indipendenza da essa, od almeno una forma di reazione ad essa. D'altronde l'eterno ritorno pone le base di una mancanza d'arbitrio, il soggetto svanisce e l'unica cosa che rimane è l'escamotage artistico di svincolarsi da tale verità ontologica – Nice in realtà gioca.

L'eterno ritorno risulta comunque per Nice un pensiero decisivo per la trasformazione dell'uomo. La “redenzione” dallo spirito di vendetta che ha dominato l'uomo fino ad ora (mondo platonico-cristiano) deve essere messa in atto ed essa può avvenire solo con la distruzione del tempo lineare. L'uomo si infrange difatti contro il macigno del “così fu”, contro cui la volontà non può nulla. Da ciò scaturisce una vendetta morale, religiosa, fisica ecc. La libertà sta <<io così voglio!>>. Tale libetà non si deve trovare in una semplice accettazione di ciò che stato, bensì deve riconoscere la bellezza creante di ciò che è stato e consacrare il suo eterno ritorno. Ma esiste sempre il solito problema filosofico: l'dea di eterno ritorno produce sul soggetto una tale azione destrutturante, nichilista, che diventa letteralmente impensabile , tanto da produrre una sorta di vertigine ed impossibilità di azione e “decisione.

Nice attribuisce al nichilismo un senso possibile duplice: un senso passivo, nel quale il nichilismo riconosce un senso di insensatezza ed ingiustizia nel divenire e di conseguenza sviluppa un senso di perdita, di vendetta e di odio per la vita; e un nichilismo attivo, quello dell'oltreuomo, il quale si installa nell'insensatezza del mondo dato per creare nuovi valori.
Nice in “Il nichilismo europeo” (appunto) afferma che l'umanita che inizialmente era in un primo primitivo “nichilismo” ha creato il cristianesimo uscendo dal caos naturale. Successivamente però la veridicità del Cristianesimo è stata minata, è stato intuito l'errore, e allora tutto è piombato in un “secondo nichilismo”. Siamo giunti allora ad un mondo senza fine né scopo, un'esistenza inevitabilmente ritornate, senza finale nel nulla: l'eterno ritono. Questo si configura come la forma estrema del nichilismo: il nulla eterno. E' possibile però un atteggiamento che dica <<Si>> al processo? Si può dire che esiste una consapevolezza del processo che ci liberi dalla morale. O almeno, che ammetta che la morale è sempre stata impostata dalla “volontà di potenza”.
Il grande uomo non sarà però un dittatore di volontà, un guerriero sanguinario impassibile. Il grande uomo al contrario è colui che <<saprà pensare all'uomo con una notevole riduzione del suo valore; gli uomini che sono consapevoli della loro potenza e che rappresentano con consapevole orgoglio la forza raggiunta dall'uomo>>.
La vera essenza della volontà di potenza (pag 96) è ermeneutica, interpretativa. La lotta delle opposte volontà di potenza è anzitutto lotta di interpretazioni. <<il mondo si riduce pertanto a un modo specifico di agire su di esso, che muove da un centro, un io>>. Al contempo questa stessa teoria di Nice diventa “interpretrazione” e mera visione. Nice lo ammette in Al di là del bene e del male : << posto poi che anche questa fosse solo un'interpretazione.. tanto meglio!>>.
Non esistono “fatti” per Nice, fatti in sé, solo interpretazioni. Tutto è soggettivo potranno dire i molti e banalizzare. Ma <<anche questo “soggettonon è niente di dato, è solo qualcosa di immaginato” (dice Nice), qualcosa di appiccicato dopo. L'interprete diventa esso stesso interpretazione>>. Anche il soggetto è dunque una posizione prospettica di una volontà di potenza.
Il mondo e le interpretazioni iniziano quindi da “centri di forza”, i quali a loro voltà <<sono configurazioni interpretative di durata relativa>>.
I criteri di scelta di una data prospettiva sono per Nice di tipo “fisiologico”: forza-debolezza, attività-reattività, salute-malattia. Nice parla infatti nei suoi ultimi scritti di “prospettivismo”, ovvero quella dottrina che afferma la pluralità delle prospettive (essa non dice però che un individuo non debba scegliere esse...anzi!).
La morale per Nice non è altro che l'istinto della decadenza, la morale sono gli esauriti e i diseredati che in tal modo si vendicano.
La forza e la salute sono quelle che danno la capacità di vivere attivamente l'esperienza del nichilismo. <<Stimo la potenza di una volontà che anche quando torturata, sofferente, ha la capacità di trasformare tale tortura esistenziale in proprio vantaggio>>.
Potremmo parlare di nichilismo reazionistico (detto da me)..
Bisogna affermare così per Nice che esiste solo un conoscere prospettico, e quanti più aspetti lasciamo parlare sopra una determinata cosa, tanto più completo sarà il nostro concetto di essa, la nostra obiettività.
La forza e la saluta diventano allora in questa ottica solo slanci positivisti rivolti alla sperimentazione prospettica, ad una virtù che mira ad arricchire la percezione-creazione. In tale viaggio di scoperta l'individio deve però imbattersi anche con la più folle delle ipotesi, quella che distrugge ogni concetto di soggetto, ovvero l'idea dell'eterno divenire. Attraverso questa esperienza il soggetto capisce come anche l'”io” è un qualcosa raggiunto-aggiunto dall'immaginazione e quindi finctio, rappresentazione. L'io stesso, quindi, e la coscienza diventano così solo effetti di superficie, non principi ontologici, ma stumenti rappresentati a misura di uomo (per la societas-per la comunicazione ). Zaratuistra dice nei “Dispregiatori del corpo” che <<il tuo corpo e la sua grande ragione: essa non dice “io” ma fa “io”>>. Nice non vuole in questo senso portare ad un riduzionismo rivolto all'assoluto corporale, bensì vuole solo far presente l'importanza della molteplicità sostanziale dell'io. Detronizza l'egemonia della coscienza, triviata dall'ontologia e dalla religione (BLAKE).                   L'arte deve servire come giustificazione estetica dell'esistenza. Essa ci protegge dalla verità. La volontà di verità risulta un sintomo di degenerazione. L'arte diventa il modello stesso della volontà di potenza, una volontà di potenza come arte. L'arte è creatrice di forme di menzogna con il cui aiuto si crede nella vita. Le stesse metafisica, matematica, morale, religione sono figlie della volontà d'arte. Ma esistono due attitudini di tale vlonontà: quella passiva, che si esprime secondo uno “spirito di vendetta” (un'arte decadente che verte ad un nichilismo passivo) e quella attiva in cui la volontà di illusione ha la sua tranquilla coscienza ed esistenza. Lo stesso Oltreuomo è da assimilare alla figura dell'artista in cerca di una riconoscenza della felicità goduta. L'arte rimane comunque una di quelle alternative sane e forti relative allo spirito di decisione. Ma qual'è l'atteggiamento dell'artista positivo? <<E' segno di benessere e potenza la misura in cui uno può riconoscere alle cose il loro carattere terribile e problematico; bisogna vedere per contro se uno abbia in genere bisogno di soluzione finali>>. Nice individua così nel poeta tragico il perfetto oltreuomo artistico. Il gusto del tragico è possibile solo per chi non ha bisogno di soluzioni finali. Nice comunque, nel caratterizzare il Superuomo enfatizza soprattutto gli elementi tonificanti (anche fisici): l'abbellimento, la volontà vittoriosa, la percezione logica, raffinamento dell'organo per la percezione di molte cose, la fortezza del corpo, agilità e piacere nel movimento, fisico e mentale, piacere nella leggerezza, nella danza, l'ebrezza come senso di potenza ed esaltazione, esuberanza, energia animale, sensualità.
L'arte si pone così dei propositi opposti di quella platonica-aristotelica: non deve quietare gli animi, non deve trovare soluzioni finali.
Alla base sta il potenziamento della sensibilità come conseguenza dell'eccitamento vitale (quasi una sensazione erotica scaturita non dal rapporto uomo-donna, ma dal rapporto uomo-cose....<<senza una certa sovraeccitazione del sistema sessuale un Raffaello non è pensabile>>). L'importante nel gioco creativo è saper riconoscere sia l'importanza della ricerca del vago, dell'ignoto e della controparte riduttiva astraente relativa alle geometrie. Entrambi i fattori sono essenziali, tant'è che il bello risulta proprio la sintesi di indeterminato evocato e forme determinate. Non biosgna pensare quindi che Nice vada in una direzione completamente dissolutiva. Apollo deve <<parlare la lingua di Dionisio>>.

*** Nice sembra esprimere (riprendendo anche Kirkegard che vede come la fede il mezzo per oscurare la disperazione) una fede rivolta al culto del divenire, una accettazione sacra rivolta all'esperienza, alla vita, alla creazione artistica. Questo atto religioso (più che filosofico), potremmo dire mistico, altro non fa dare fede ad un processo vitale contribuente alla vonontà conservativa – e di potenza – quel processo che Nice interpreta come “decisione”, spinta in avanti e movimento percettivo.



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